La Cgil in stato d'assedio

di Loris Campetti

su Il Manifesto del 10/06/2008

Il confronto sulla riforma del sistema contrattuale parte con la Cgil in stato d'assedio. Gli assedianti sono in molti, e ben determinati a espugnare la palazzina di corso d'Italia. In prima fila c'è una Confindustria ringalluzzita dal ritorno al governo delle destre. Gli armati e le armate (adulte e giovanili) di Emma Marcegaglia non vogliono trattare con nessuno, pretendono la resa dell'avversario che non è più un avversario, essendo stata decretata la luna di miele tra capitale e lavoro. Vogliono chiudere definitivamente la stagione precedente, quella iniziata nel '69 e segnata dalla fine delle gabbie salariali, dallo Statuto dei lavoratori, la contrattazione nazionale e articolata, le lotte sindacali. E' vero che di quella stagione non resta molto, ma anche gli ultimi ostacoli vanno abbattuti. «Adesso si può». Vogliono la pelle della Cgil.
Poi c'è il governo, talmente in sintonia con i padroni che nei confronti di un Epifani non sospetto di estremismo usa le stesse minacce, in attesa di una firma praticamente in bianco sulla riforma dei contratti e chiede al segretario della Cgil la testa di Gianni Rinaldini e di chi, come la Fiom, «indugia» su una lettura classista delle relazioni sociali, politiche e sindacali. Infine, ad assediare Epifani ci si mettono anche i segretari della Cisl e della Uil, Bonanni e Angeletti, che in nome del «nuovo che avanza» e non non si può fermare denunciano le resistenze del più forte sindacato italiano nel dare il via alle danze. Ma fare coppia fissa al ballo con gli imprenditori, per la Cgil, sarebbe come ballare coi lupi.
La contraddizione che attraversa la confederazione che fu di Giuseppe Di Vittorio gira intorno a una scelta di fondo. Ci sono due strade possibili da imboccare: la prima parte da un'idea di fondo, già passata dentro l'opposizione parlamentare al governo e nelle altre confederazioni, traducibile con un semplice «non si regge più, gettiamo la spugna». Abbiamo perso, una stagione si è chiusa e bisogna essere realisti. Realismo vuol dire che non c'è alternativa all'unità strategica con Cisl e Uil, costi quel che costi, persino la capitolazione sul fronte dei contratti. L'altra strada va in direzione opposta ma sarebbe coerente con l'immagine che la Cgil si era data negli anni del governo Berlusconi dopo il trauma di Genova, i cinque milioni di firme contro la legge 30, i tre milioni al Circo Massimo in difesa dell'articolo 18 e via mobilitando. E' vero che quell'immagine è uscita decisamente offuscata dai due anni tragici di governo Prodi che, tra gli altri danni, ha contribuito a minare l'autonomia della Cgil. Ma è altrettanto vero che quel che è in gioco oggi, nel Berlusconi 3, è molto di più e molto peggiore rispetto agli assalti del Berlusconi 2. Se la Cgil ruppe l'unità con Cisl e Uil in opposizione alla legge 30, può oggi firmare un eventuale accordo che sterilizzi i contratti nazionali e vincoli gli aumenti salariali, in quelli aziendali, agli utili d'impresa? E ripristini in qualche forma «moderna» le gabbie salariali? E magari rimetta in discussione l'articolo 18, per i non molti lavoratori che ce l'hanno ancora? Che peggiori ulteriormente le condizioni di lavoro e di vita dei precari? Epifani sa bene che lungo questa strada il sindacato diventerebbe una pura istituzione tra le altre, legittimata da governo e padronato ma sempre più socialmente superflua e distante dai lavoratori che vorrebbe rappresentare, così privati dell'azione collettiva.
A chi, Fiom e aree programmatiche, non si rassegna a rispondere alla sconfitta sociale, politica e culturale delle sinistre e del centrosinistra con l'adeguamento puro e semplice ai valori dei vincitori, in troppi nei gruppi dirigenti della Cgil rispondono con Lucio Battisti: «Come può uno scoglio, arginare il mare?». La nuova segreteria della Cgil che uscirà dai tormenti di questi giorni dovrà fare i conti con questo mare in tempesta. Sapendo che l'abbattimento delle ultime scogliere non farebbe altro che facilitare l'azione demolitrice dello tsunami.