Epifani: «Non siamo a un congresso». Ma le sinistre sono unite

03.06.2008 15:12

Epifani: «Non siamo a un congresso». Ma le sinistre sono unite

di Antonio Sciotto

su Il Manifesto del 01/06/2008

Il segretario Cgil alle minoranze: «Si decide una volta per tutte, e dopo non possiamo dividerci». Ma Fiom, «Lavoro Società» e Rete 28 aprile non seguono la maggioranza

Il terzo e ultimo giorno della Conferenza di organizzazione è quello in cui si tirano le fila: e il segretario Guglielmo Epifani fa una relazione molto articolata, in cui tenta di offrire una risposta ai quesiti avanzati dalle minoranze, ma più in particolare all'intervento del segretario generale Fiom Gianni Rinaldini. Epifani non aggira gli ostacoli, anche se su alcuni punti - come ad esempio il nuovo rapporto tra «capitale e lavoro» - non riesce a offrire la risposta netta chiesta in partenza: siamo «conflittuali», come intende la Fiom, o «collaborativi», come preferiscono - con diverse sfumature - Bonanni, Marcegaglia, Sacconi? Ma sull'obiettivo «di medio termine» che Epifani si è dato, ovvero la chiusura sul modello contrattuale con le imprese (i più maligni dicono per dimettersi subito dopo, e candidarsi alle europee con il Pd, nel 2009), il percorso seguito fino a oggi non cambia, né si lascia adito alle minoranze interne per «minare il campo».
Il segretario lo ha scandito chiaramente: «Qualcuno dice che in Cgil non si discute abbastanza. Ma io mi chiedo: in tutti questi mesi, allora, cosa stiamo facendo?». «Ma a un certo punto», ha aggiunto subito dopo, «dobbiamo arrivare a una decisione, ed essere conseguenti rispetto alla scelta. Mi dispiace, non siamo in un Congresso permanente». Rinaldini, Nicolosi, Cremaschi, i gruppi intorno a loro, sono avvertiti: il dissenso si può portare fino a un certo stadio. Eppure, ieri, sebbene abbiano deciso di non fare strappi, le «minoranze interne» (e vi aggiungiamo anche l'importante categoria Fiom) hanno concluso ribadendo la propria contrarietà, in continuità con l'ultimo Direttivo: Fiom e Lavoro e società si sono astenute sul documento di maggioranza, la Rete 28 aprile ha votato contro (più avanti vedremo i particolari).
«Unica risposta: unità con Cisl e Uil»
La relazione conclusiva di Epifani, più accesa di quella di apertura e interrotta da diversi applausi, ha preso avvio da una replica a Rinaldini e alla sua osservazione sul fatto che «se i lavoratori stanno peggiorando, non si potrà mai dire che i sindacati stanno bene»: «Noi non abbiamo mai detto "monaci poveri in conventi ricchi" - ha spiegato - E' chiaro che il sindacato ha gli stessi problemi dei lavoratori». Poi il segretario Cgil è passato a definire la globalizzazione, i problemi che crea e le possibili risposte che il sindacato può dare (anche in questo caso, l'input era stato dato da un quesito del segretario Fiom). «Siamo stati tra i primi a dire che siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, che ci pone problemi inediti. Tutto sta cambiando velocemente, c'è un'inflazione a due cifre in tanti paesi, e il costo insostenibile di beni come il grano o l'energia. Come rispondiamo a tutto questo, in Italia? Non ci nascondiamo che siamo deboli, che se chiediamo al governo di intervenire sull'inflazione, potrà agire al massimo su un 2%».
L'analisi della Cgil, se non le soluzioni, si possono in questa nuova fase avvicinare a quelle del centro-destra, o forse sono queste ultime che fanno il cammino inverso, fatto sta che Epifani riconosce un certo interesse «almeno alle prime 15 pagine del libro di Tremonti», e poi aggiunge che «anche i liberisti americani ormai si pongono il problema della creazione di un "welfare mondiale"». «In un quadro così mutato - ecco la risposta che forse si poteva aspettare Rinaldini, seppure non portata fino alle sue estreme conseguenze - non è più il tempo del sindacato che abbiamo visto nel Novecento». «Non più solo fabbrica e Stato nazionale - spiega Epifani - ma fabbrica, Europa, se non addirittura mondo, e soprattutto territorio». Il segretario fa l'esempio di un modello internazionale che però non gli piace, perché «corporativo e nato per difendersi contro i diritti dei lavoratori dei paesi più poveri: è il caso del sindacato transatlantico dei siderurgici inglesi e americani». E allora, ecco la conclusione: «La risposta al rapporto capitale-lavoro non si vede più dentro un solo conflitto: oggi ci sono conflitti tra impresa e impresa, o tra lavoratori e lavoratori. Per agire in questa complessità, non va bene chiudersi nel corporativismo, o in una trincea, dobbiamo rischiare schemi nuovi: il senso può stare solo in un sindacato confederale, agire perciò con Cisl e Uil per riunificare tutte le contraddizioni, rappresentarle e cercare di risolverle».
Successivamente Epifani è tornato a definire «mediazione alta e importante» l'accordo sui contratti con Cisl e Uil, e «rispetto a un quadro obiettivamente complicato con governo e imprese» è tornato a chiedere «unità» alle aree interne, come aveva fatto alla Conferenza della Fiom. E poi ha aggiunto: «Vedo questa iniziativa di Torino: ma perché autoconvocarsi? Non si può dibattere in assemblea nei luoghi di lavoro?».
Sui rapporti con il governo, ha annunciato che Cgil, Cisl e Uil riporranno presto la necessità di sgravare salari e pensioni, come da piattaforma sul fisco, e «se il governo in sede di Dpef dirà "non se ne fa nulla"», «noi non resteremo con le mani in mano». Sugli statali la Cgil non permetterà al ministro Brunetta di «rilegificare tutto», ma «si potrà operare una riforma, anche profonda, solo con la leva del contratto». Sugli organismi dirigenti, con la segreteria confederale in rinnovo, ha affermato di voler «chiudere rapidamente, per non lasciare nessuno nell'instabilità: avanzerò al Direttivo una proposta di nomi».
Infine i documenti, le votazioni, le alleanze. Il nodo del contendere è stato fino alla fine un «paragrafetto» del Documento conclusivo proposto dalla maggioranza (vedi testo sotto), che contiene un marcato apprezzamento dell'accordo sui contratti. Al Direttivo del 7 maggio, Lavoro e società aveva presentato un suo documento alternativo, che alla fine era stato votato anche dalla Fiom. Questa volta, le parti si sono invertite, ma con lo stesso risultato, ovvero la compattezza delle sinistre interne: la Fiom ha presentato un suo emendamento (altro testo sotto), che è stato votato anche da Rete 28 aprile e Lavoro e società, ma è stato bocciato dalla maggioranza. Sul testo di maggioranza, Fiom e Lavoro e società hanno scelto invece l'astensione, mentre la Rete 28 aprile ha votato contro. Risultato finale: 582 favorevoli, 129 astenuti, 16 contrari, su 950 delegati, di cui 727 votanti. Lavoro e società, che si prepara alla Assemblea nazionale del 26 e 27 giugno a Roma, ha visto la conferma della scissione de facto di un gruppetto, capeggiato da quella che dovrebbe essere il rappresentante dell'intera area nella segreteria confederale: Paola Agnello Modica e qualche altro delegato hanno appoggiato il documento della maggioranza. A questo punto, probabilmente al prossimo Direttivo, il gruppo guidato da Nicolosi chiederà di «riesercitare» quello che lui stesso definisce «diritto di proposta per la rappresentatività negli esecutivi», congelato da Epifani nel 2006. In parole più semplici, è probabile che venga chiesto di cambiare rappresentante in segreteria confederale.

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