di S. F.
su Il Manifesto del 08/06/2008
Da martedì confronto in salita
«Una provocazione, un paradosso, e neanche troppo moderno». E' la giornata del contraddittorio a Santa Margherita, o forse l'avvio del confronto tra imprese e sindacati, e Guglielmo Epifani così risponde alla «provocazione culturale» - contratti sempre più tailor made, tagliati e cuciti su misura per ogni singolo lavoratore - lanciata due giorni fa dalla presidenta dei giovani industriali, Federica Guidi. «Il contratto individuale non va bene - dice il segretario generale della Cgil - E' bene che le imprese tornino coi piedi per terra». E non va bene, aggiunge, la proposta di contratti macro regionali (a cui plaude invece Enrico Letta, Pd): «La produttività al Sud è il 18% in meno della media nazionale e le retribuzioni sono più basse del 18%, che nessuno parli quindi di una differenzazione salariale per area geografica».
La trattativa sulla riforma del modello contrattuale si apre martedì. Concludendo la due giorni dei giovani industriali, Emma Marcegaglia detta le condizioni e avverte: «Non firmeremo un accordo a tutti i costi». Il livello aziendale, in cui i salari vanno legati ai parametri della produttività, «deve restare volontario», e in definitiva «alternativo» rispetto al primo («non si contratta due volte la stessa cosa»). Di più: gli industriali chiedono «certezza delle regole», e «sanzioni» per chi non rispetti gli accordi siglati.
Il resto lo aveva detto poco prima Alberto Bombassei. «Il contratto nazionale va alleggerito perché in questi anni, con richieste superiori del doppio all'inflazione reale, non ha fatto che ridurre gli spazi della contrattazione aziendale», dice il vicepresidente di Confindustria. Risponde Epifani: «La questione salariale dimostra che non è così. Il secondo livello è andato indietro perché in questi quindici anni, nell'andamento del ciclo produttivo, è cambiato tutto». Facile per Maurizio Belpietro, che modera la tavola rotonda, divertirsi giocando sulle divisioni nel fronte sindacale. Raffaele Bonanni, leader Cisl, lo lascia fare: «Non un euro in più ma neanche uno in meno, i parametri dell'inflazione vanno rivisti e il contratto nazionale deve avere solo un ruolo di ridisegno delle norme di regolazione». «Ma non è che non volete alleggerire il contratto nazionale per paura di perdere potere in quanto sindacato?», insiste Belpietro. Un brodo di giuggiole per Bonanni: «E' al livello aziendale che la cooperazione tra lavoratori e imprese può esprimersi al meglio, poi è lo stesso nostro documento unitario a enunciare la partecipazione in luogo dell'antagonismo».
Un contratto nazionale decisamente alleggerito dunque, con il secondo livello per le imprese che possono permetterselo (attualmente il 30%). E rigorosamente «aziendale», Bombassei è tassativo: «Attenzione a non cadere in un equivoco parlando di contratti territoriali, di filiera, distretto o quant'altro, perché allora si parla di contratti alternativi al nazionale e non all'aziendale». «Se il principio è ridurre in alto per allargare in basso non sono d'accordo», dice ancora Epifani. Quanto chiesto ieri dalle imprese è persino qualcosa di molto meno.
di S. F.
su Il Manifesto del 08/06/2008
Da martedì confronto in salita
«Una provocazione, un paradosso, e neanche troppo moderno». E' la giornata del contraddittorio a Santa Margherita, o forse l'avvio del confronto tra imprese e sindacati, e Guglielmo Epifani così risponde alla «provocazione culturale» - contratti sempre più tailor made, tagliati e cuciti su misura per ogni singolo lavoratore - lanciata due giorni fa dalla presidenta dei giovani industriali, Federica Guidi. «Il contratto individuale non va bene - dice il segretario generale della Cgil - E' bene che le imprese tornino coi piedi per terra». E non va bene, aggiunge, la proposta di contratti macro regionali (a cui plaude invece Enrico Letta, Pd): «La produttività al Sud è il 18% in meno della media nazionale e le retribuzioni sono più basse del 18%, che nessuno parli quindi di una differenzazione salariale per area geografica».
La trattativa sulla riforma del modello contrattuale si apre martedì. Concludendo la due giorni dei giovani industriali, Emma Marcegaglia detta le condizioni e avverte: «Non firmeremo un accordo a tutti i costi». Il livello aziendale, in cui i salari vanno legati ai parametri della produttività, «deve restare volontario», e in definitiva «alternativo» rispetto al primo («non si contratta due volte la stessa cosa»). Di più: gli industriali chiedono «certezza delle regole», e «sanzioni» per chi non rispetti gli accordi siglati.
Il resto lo aveva detto poco prima Alberto Bombassei. «Il contratto nazionale va alleggerito perché in questi anni, con richieste superiori del doppio all'inflazione reale, non ha fatto che ridurre gli spazi della contrattazione aziendale», dice il vicepresidente di Confindustria. Risponde Epifani: «La questione salariale dimostra che non è così. Il secondo livello è andato indietro perché in questi quindici anni, nell'andamento del ciclo produttivo, è cambiato tutto». Facile per Maurizio Belpietro, che modera la tavola rotonda, divertirsi giocando sulle divisioni nel fronte sindacale. Raffaele Bonanni, leader Cisl, lo lascia fare: «Non un euro in più ma neanche uno in meno, i parametri dell'inflazione vanno rivisti e il contratto nazionale deve avere solo un ruolo di ridisegno delle norme di regolazione». «Ma non è che non volete alleggerire il contratto nazionale per paura di perdere potere in quanto sindacato?», insiste Belpietro. Un brodo di giuggiole per Bonanni: «E' al livello aziendale che la cooperazione tra lavoratori e imprese può esprimersi al meglio, poi è lo stesso nostro documento unitario a enunciare la partecipazione in luogo dell'antagonismo».
Un contratto nazionale decisamente alleggerito dunque, con il secondo livello per le imprese che possono permetterselo (attualmente il 30%). E rigorosamente «aziendale», Bombassei è tassativo: «Attenzione a non cadere in un equivoco parlando di contratti territoriali, di filiera, distretto o quant'altro, perché allora si parla di contratti alternativi al nazionale e non all'aziendale». «Se il principio è ridurre in alto per allargare in basso non sono d'accordo», dice ancora Epifani. Quanto chiesto ieri dalle imprese è persino qualcosa di molto meno.
Prc Jesi, Circolo Karl Marx
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